Digital Learning in Italia: cosa significa e a che punto è il nostro Paese

Intervista al professor Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica di Milano, tra i maggiori esperti oggi

B Human
Essere digitali

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Cosa significa digital learning oggi, come potrebbe cambiare la didattica, quali sono gli strumenti più importanti al suo servizio? Queste sono solo alcune delle domande che si pone chi si occupa di digital transformation in ambito di formazione. Per trovare le risposte abbiamo interpellato il professor Pier Cesare Rivoltella, dal 2006 professore ordinario di Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento presso l’Università Cattolica di Milano, che ha fondato e dirige il CREMIT (Centro di Ricerca per l’Educazione ai Media, all’Informazione e alla Tecnologia).

Il viaggio alla scoperta del digital learning inizia con la sua definizione, perché — come ci spiega il professor Rivoltella — l’ambito è molto più sfaccettato di quanto potremmo credere. Sarebbe fuorviante ridurre il digital learning ai puri media digitali, o al solo contesto formale; pensare insomma che sia una lavagna digitale all’interno di una classe di scuola. Il digital learning è in realtà molto di più, è composto sia da media, sia da contesti diversi. Comporta, come si vedrà nel corso di prossimi interventi, la ridefinizione della didattica, la trasformazione della scuola, dei processi e delle sue pratiche più consolidate.

Cosa significa oggi digital learning?

Parlare di digital learning oggi significa pensare ai media digitali e sociali come risorse per l’insegnamento e per l’apprendimento nei contesti formali e informali. Distinguo meglio media digitali e sociali. Con i primi mi riferisco soprattutto ai dispositivi digitali mobili e quindi tutto il tema del mobile learning come forma di digital learning. Con i secondi, con i social media, invece faccio riferimento ad ambienti che non sono abitualmente pensati per e-learning e per l’apprendimento, ma che rifinalizzati e ridefiniti in funzione dell’apprendimento garantiscono al formatore o all’insegnante delle opportunità interessanti.

L’altra distinzione che fa riferimento tanto ai contesti formali quanto ai contesti informali è anche questa una distinzione importante, perché soprattutto oggi nella società della conoscenza sarebbe un errore pensare che gli apprendimenti siano solo quelli insegnati. Quindi, certo, ci sono degli apprendimenti collocati nei contesti formali - e il digital learning è funzionale a quegli apprendimenti -, ma non dimentichiamoci che c’è una ancor una più ampia gamma di apprendimenti che passano fuori dai contesti formali e vanno nell’informale e che spesso si allocano dentro le pratiche quotidiane dei più giovani e anche degli adulti. Basta pensare agli ambienti del videogioco o video ludici che sono straordinari spazi di apprendimento digitale.

Qual è il livello di sviluppo del digital learning in Italia rispetto ad altri Paesi?

Il digital learning in Italia è in ripresa. Dopo che abbiamo vissuto -tra fine decennio ’90 del secolo scorso e i primi anni 2000- la prima grande stagione dell’e-learning in Italia, a metà del primo decennio degli anni 2000, si è registrata una forte stasi, anzi, un decremento significativo del mercato dell’e-learning, sia in ambito accademico che in ambito Corporate. Il problema è che ne era stato sovra determinato il valore nei primissimi anni 2000, un fenomeno tipico non soltanto del nostro paese, ma anche dei contesti internazionali. Tanto è vero che poi il Nasdaq, dopo essere stato gonfiato, come sappiamo bene, ha fatto “sboom”, e quindi con lo “sboom” del Nasdaq e con il venir meno di questa fortissima discorsivizzazione sociale che era stata costruita attorno al digital learning, l’e-learning e con esso il digital learning hanno vissuto una fase di stanca.

Oggi siamo in ripresa e direi che quello crollo ha avuto anche una funzione, ovvero quella di togliere dal mercato tutta una serie di player poco robusti, poco credibili, in molti casi anche avventurosi, per non dire avventurieri, lasciando spazio a un numero più circoscritto di player ma questa volta robusti e contraddistinti da significative competenze e devo dire che in questa fase abbiamo una grandissima ripresa. In questo momento abbiamo attivato sulla nostra sede di Brescia (Università Cattolica del Sacro Cuore) un master di secondo livello, in master MEM, che specializza Media Education Manager. La prima edizione ha avuto un grandissimo successo e stiamo preparando una seconda edizione che sarà indirizzata in maniera decisamente corporate con una indagine di benchmark che ci ha confortato sul forte bisogno che il mondo aziendale ha di queste figure. Quindi, come dire, siamo partiti forte, c’è stato un crollo e adesso siamo in ripresa.

A suo parere quali sono le ricerche che meglio raccontano la situazione del digital learning in Italia?

Si può vedere la ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, 2016 “HR Business Enabler: dati, tecnologie e competenze per valorizzare il capitale umano”: in esso possiamo trovare dei dati che supportano l’idea di questo trend positivo.

Penso anche al convegno che l’EDEN ha organizzato nel novembre 2016 a Dublino, il convegno si intitolava “The next generation. Digital Learning Research Symposium” (in rete è possibile trovare gli interventi dei relatori e i paper, molti dei quali sono veramente molto importanti). Poi in questa direzione sono utili i dati e le indicazioni che è possibile reperire sul sito della MacArthur Foundation è una grossa fondazione americana, probabilmente la principale fondazione che finanza ricerca nell’ambito del rapporto tra comunicazione e learning. Loro hanno un settore di finanziamento, un’area di ricerca che si chiama Digital Media and Learning Strategy e all’interno di quest’area è possibile ricostruire tutta la logica di finanziamento di ricerca che la fondazione ha perseguito a partire dal 2005. Oggi, ovvero nella terza fase della loro strategia di ricerca partita nel 2013, stanno lavorando alle così dette City of Learning, ovvero stanno lavorando sulla ricerca di protocolli, di strategie e di applicazioni innovative per far migrare il digital learning dentro gli ambienti di vita quotidiana. Una ricerca molto interessante che sfrutta il tema dell’Internet of Things in funzione di sviluppo di apprendimento e di nuove opportunità d’insegnamento e formazione.

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Come team B Human supportiamo l’Università Cattolica nella crescita delle attività di digital learning attraverso la tecnologia Blackboard.

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